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venerdì 27 aprile 2012

Anteprima del libro "La prospettiva in Michael Pacher"




Introduzione
Questo libro è rivolto a coloro i quali vogliano accostarsi alla figura di Michael Pacher e in particolar modo ai suoi dipinti con una metodologia nuova, "figlia" della storia della critica d'arte. Il tema principale è, come espresso dal titolo, la prospettiva nelle sue tavole. Aspetto finora mai analizzato approfonditamente, viene illustrato proponendo le opere in bianco e nero, spogliandoli spesso dei personaggi in modo da comprendere meglio l'impostazione che il maestro diede ai suoi lavori. Grazie a questa tecnica mi è valso il sopranome di "radiografo dell'arte". Termine coniato dai critici intervenuti lungo le mie conferenze in merito all'artista Brunicense. La fortuna critica del mio studio, antecedente a questa pubblicazione, si è manifestata con articoli presso importanti riviste specializzate nel settore dell'arte e quotidiani.
La mancanza di documentazione e il risicato corpus d'opera dell'autore hanno da sempre rappresentato una difficoltà per lo storico che si fosse cimentato nello studio di Pacher. Per questo motivo ho inserito, nei capitoli che precedono le analisi tecniche, alcuni argomenti che possono rilevare queste osticità, in alcuni casi risolte con degli aggiornamenti frutto di nuove ricerche storiche. Sul tema relativo al rapporto che questi potrebbe aver avuto con la città di Padova, ho deciso di argomentare quanto era stato scritto negli anni precedenti e quello a cui ero arrivato con la mia indagine. Il risultato mette in luce alcune contraddizioni che appassioneranno certamente i lettori più curiosi. Per comprendere attivamente cosa si intendesse per prospettiva nel XV secolo sono state inserite delle considerazioni che intendono vagliare in maniera logica come il concetto venne a mutarsi nel tempo. In tutti questi capitoli che precedono il cuore delle mie indagini, ho voluto separare le teorie dai fatti realmente accaduti, cercando di tracciare la strada biografica di un artista di valore europeo e al tempo stesso, preparare il lettore ad affrontare con maggior sicurezza il tema trattato.
Egli non si limitò ad accettare le forme imposte dal tardo gotico allora preminente in tutto il Tirolo meridionale. Anzi, le fuse con il rinnovato clima rinascimentale che egli stesso contribuì a portare in val Pusteria, creando uno stile geniale e del tutto soggettivo, tipico dell'uomo di confine. Per questo non capito e isolato storicamente sino al XIX secolo.
Infine sono state aggiunte alcune opere che nel corso della storia critica di questo autore vennero accostate al suo agire. Il capitolo finale tratta proprio questo tema.
La scelta di pubblicare questo libro, che può apparire in un primo momento per specialisti, nasce dall'interesse che il mondo accademico, le associazioni culturali e il pubblico (intervenuto alle mie conferenze) ha dimostrato verso il mio lavoro. 
Sergio Pesce                       http://arte.pittart.com/critici/sergio_pesce_critico_arte.htm
novembre 2011


Il possibile rapporto tra Michael Pacher e la città di Padova
La possibile compenetrazione dello stile veneto nelle opere di Michael Pacher ci pare oggi come una verità assodata. L'elemento distintivo di questa tesi ci viene fornito dall'impiego mirato di una prospettiva non sempre "corretta", almeno stando ad una valutazione accademica, utilizzata con lo scopo di misurar lo spazio così da fornire allo spettatore un'illusione ottica assolutamente originale nell'area del Tirolo meridionale. Anche l'elemento chiaroscurale impiegato dall'artista, sembra un chiaro richiamo veneto. Lo scambio culturale tra le due regioni è effettivamente attestato già prima del XV secolo. In alcuni casi si registra un vera e propria migrazione. Un esempio lampante di tale atteggiamento furono le comunità tedesche/tirolesi presenti a Venezia, Treviso, Verona e a Padova. Le ragioni di tali spostamenti sono da individuarsi singolarmente per ogni città. A Treviso ad esempio i germanici erano per lo più proprietari di locande, mentre a Venezia si trovavano i commercianti, a Padova invece stazionarono gli scultori lignei. Quest'ultima città merita evidentemente un discorso a parte. Vissuta dai migranti per le sue due peculiarità più importanti; l'Università e la Basilica del Santo. La prima fece confluire gli studiosi mentre la seconda fungeva da importante meta di pellegrinaggio. Subordinato ad esso c'era evidentemente l'interesse per le opere d'arte. Già dopo la realizzazione degli affreschi di Altichiero, al Santo, sono attestate presenze di vari artisti di ceppo germanico, intenti a studiarne la dialettica pittorica. Si è ipotizzato che lo stesso Giovanni da Brunico scese dal Tirolo, nei primi anni del Quattrocento, per ammirare l'opera dell'artista veronese. Tale ipotesi nasce dallo studio delle opere dell'artista brunicense ove lo stile italico dei "primitivi" sembra aver condizionato il suo modus operandi, e di conseguenza quello dei suoi allievi.(...)


      







martedì 10 aprile 2012

Il rapporto tra Michael e Friedrich Pacher


Friedrich Pacher, Cristo nel Limbo, Budapest, Museum of Fine Arts
Michael Pacher, Sant'Agostino Davanti al Demonio, Monaco di Baviera, Alte Pinakothek

Spesso studiando il noto artista brunicense ci si sarà imbattuti nella figura Friedrich. Artista proveniente dalla bassa Pusteria particolarmente dotato nella tecnica a fresco. Su di lui sono state suggerite varie teorie circa possibili parentele con Michael. La cosa sorprendente è che tali supposizioni con il tempo si sono cimentate nella coscienza comune tanto che oggi si tende a dare questa notizia come certa. La verità documentale però rende nulla tale ipotesi. Se per Friedrich esistono, in effetti, documenti attestanti la sua nascita, presso il ricco archivio del Convento di Novacella, per Michael non potendo affermare la stessa cosa siamo costretti a far declinare la supposta parentela.
I due entrarono in contatto certamente nella prima metà degli anni settanta del Quattrocento, per realizzare il tabernacolo di Monguelfo, oggi fortemente restaurato. Friedrich che evidentemente si era formato nella bottega di Leonardo da Bressanone (Leonard von Brixen), fu chiamato ad eseguire questo lavoro perché particolarmente dotato nella tecnica dell'affresco. Egli fu in sostanza un collaboratore indipendente e per quanto sbalorditivo possa sembrare, assunse maggiori commissioni rispetto a Michael, proprio per la sua affiliazione alla confraternita laica del convento agostiniano di Novacella.
La collaborazione di maggior prestigio si ebbe nella regione austriaca della Stiria con l'altare di San Volfango, concluso nel 1481. Il rapporto fu bruscamente interrotto alla fine dell'opera per la poca responsabilità pittorica che Friedrich mise nella realizzazione delle tavole esterne raffiguranti la vita del Santo, giudicate evidentemente insufficienti da Michael.
Tecnicamente i due furono sempre agli antipodi. La rinascenza italica mediata dalla soggettività di Michael si contrappose al manierismo tardogotico di Friedrich.  
Sergio Pesce