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mercoledì 29 febbraio 2012

La prospettiva in Michael Pacher

Apparso su ArteVarese il 24/02/2012


La prospettiva in Michael Pacher

News, Insubria, 24-02-2012
Sergio Pesce ricostruisce alcuni aspetti storici e stilistici di Pacher. Ecco la prima puntata

Prosegue il nostro percorso alla scoperta di Michael Pacher. La prima data relativa alla sua attività risulta essere il 1457, quando, previo matrimonio con Ottilia, prese la cittadinanza a Brunico e aprì bottega.




La prospettiva in Michael Pacher

Prosegue il nostro percorso alla scoperta di Michael Pacher. La prima data relativa alla sua attività risulta essere il 1457, quando, previo matrimonio con Ottilia, prese la cittadinanza a Brunico e aprì bottega.


dettaglioSan Lorenzo davanti al Prefetto, 
Österreichische Galerie (partic.)
Studiando l'arte tirolese del XV secolo, fra tutti i suoi contemporanei, Michael Pacher risulta l'unico di statura autenticamente europea. Dimostra, oltrepassando i suoi conterranei, di rimanere legato alla tradizione tirolese, come mostrano gli incarichi consistenti in altari a portelle, sui quali si impiegò come pittore e scultore. Tale sorpasso non lo si deve solo all'accettazione del dolce stile, ancora sconosciuto in gran parte della valle, ma anche ad una attenta riflessione pittorica nei confronti della composizione spaziale. Fino ad allora, in Pusteria, artisti come Leonardo da Bressanone e il Maestro di Uttenheim avevano affrontato la terza dimensione utilizzando concetti ancora legati alla sensibilità tardogotica. 

L'originalità offerta dall'artista brunicense mostra chiari riferimenti all'arte italica, che egli stesso non poté vedere se non studiando i codici italiani presso il Convento di Novacella oppure entrando direttamente in contatto con le maggiori personalità artistiche del XV secolo, come Donatello, Mantegna e Pizolo. Ora si può ben capire come l'ipotesi di un viaggio di Pacher proprio a Padova, dove i tre si trovarono alla metà del secolo, affascini non poco la critica d'arte (Sergio Pesce, La prospettiva in Michael Pacher, Roma 2011). Purtroppo la mancanza di 


prove documentarie non ci permette di confermare l'ipotesi. Ciò nonostante l'italianità della sua pittura risulta evidente, come ebbe modo di scrivere Panofsky. Egli affermerà in tal proposito che: "(...)in Germania, a parte le opere di Michael Pacher che era per metà italiano, per tutto il XV secolo pare non esista un solo quadro costruito con rigore(...)"(Erwin Panofsky, La prospettiva come forma simbolica, Lipsia 1927).

Non si limitò quindi ad accettare le forme imposte dal tardogotico allora preminente in tutto il Tirolo meridionale. Anzi, le fuse con il rinnovato clima rinascimentale che egli stesso contribuì a portare in val Pusteria, creando uno stile geniale e del tutto soggettivo.

La prima data relativa alla vita di Michael Pacher risulta essere il 1457, quando, previo matrimonio con Ottilia, prese la cittadinanza a Brunico e aprì bottega. Nello stesso anno abbiamo la sua firma sul contratto per la realizzazione della chiave di volta presso la chiesa di Issengo, commissionata da Leonard Nafter, oggi al museo civico di Brunico. Purtroppo non abbiamo dati in merito alla formazione artistica, ma posso presumere che egli, prima del suo possibile viaggio a Padova, abbia avuto modo di vedere le opere dei suoi conterranei. Oltre ai già citati Leonardo da Bressanone e il Maestro di Uttenheim, ideologicamente distanti dalla dialettica pacheriana, potremo convenire sull'importanza assunta, 

dalle opere di Giovanni da Judenburg, che operò nel 1421 a Bolzano, e da quelle del Maestro delle Orsoline presente a Brunico tra il 1430 e il 1435. Inoltre non va dimenticato il poderoso altare di Vipitenorealizzato nelle sue parti scultoree e pittoriche da Hans Multscher nel 1458 che in talune occasioni offrì a Pacher un vasto repertorio di forme.

Sarà il romanticismo a riscoprire l'arte "primitiva" del XV secolo e quindi il tardogotico e l'importanza europea delle sue tavole. Secondo Ewans il primo anello di congiunzione tra l'arte italica e quella tedesca non fu Dűrer, ma Pacher. (Mark Ewans, Appropriation and application: the significance of the source of Michael Pacher's altarpieces, in P.Humfrey and Kemp, The altarpieces in the Renaissance, Cambridge 1990). Purtroppo il fatto che il maestro espresse le sue innovazioni artistiche in luoghi di poca risonanza politica e culturale, ne spiega la sua breve fortuna critica. Il pensiero corre all'iscrizione sulla tomba di Papa Adriano IV (1522-23): "oh! Quanto importa in qual tempo cada anche l'attività dell'ottimo fra gli uomini"; in questo caso potremo sottolineare anche l'importanza del luogo. Questa mancanza di continuità la si nota anche nell'assenza di seguaci. Gli unici due artisti che in qualche modo cercarono di rifarsi agli insegnamenti del maestro possono essere individuati in Friedrich e Johans Pacher. Il primo propose un "manierismo" tardogotico rifacendosi ai più diversi modelli, mentre il secondo nonostante fosse il figlio di Michael, non riuscì a seguire pienamente gli insegnamenti paterni. Tra tutti sarà Marx Reichlich a seguire le indicazioni pacheriane, nonostante sembra fosse stato allievo di Friedrich.



Sergio Pesce * Laureato in Conservazione dei Beni Culturali

sabato 4 febbraio 2012

Estratto della videoconferenza su La Prospettiva in Michael Pacher del 2/02/2012


USER27: Per quale motivo ha scelto di trattare un artista complicato come Michael Pacher?
PESCE: Penso sia più giusto considerarlo un artista complesso. Tale complessità nasce dal buio dei documenti che lo riguardano, questo ha fatto sorgere, dal XIX secolo una serie di teorie che hanno minato la sua biografia. Dopo una attenta ricerca storica e seguendo un metodo filologico ho potuto aggiornare quanto era stato scritto.  Le contraddizioni sorte dalle varie teorie del passato hanno dato vita al dubbio che si stesse parlando di un artista complicato. Nel mio libro l'atteggiamento è diametralmente opposto. Esiste quindi una netta separazione tra ciò che si può provare e non. La complessità di Pacher invece nasce dalla sua soggettiva interpretazione dell'arte pittorica. Essendo per metà brunicense la mia attenzione non poteva non cadere su di lui.

USER15: Quanto tempo è stato necessario per scoprire quello che ci sta mostrando oggi?
PESCE: Parliamo di circa due anni di studio. Molto tempo è servito per leggere tutte le monografie e trattati che lo riguardavano, sia in lingua tedesca italiana ed inglese. Per quanto concerne le mie analisi, frutto di un approccio storico critico ho fatto affidamento alle mie conoscenze anche sul campo del disegno. Ogni tavola racconta una spazialità del tutto legata alla singola opera e quindi suggestiva per chi la deve analizzare. Come potrete vedere nel mio libro sono ben 35 le tavole che seguono queste ricostruzioni. E questo fa de "La prospettiva in Michael Pacher" un lavoro unico per questo artista.

USER34: Quali sono le sue implicazioni con la confraternita laica del convento di Novacella? 
PESCE: Nessuna. proprio per questo motivo ad un certo punto della sua attività, parliamo della metà degli anni settanta del Quattrocento dopo aver terminato l'altare dei Padri della Chiesa a Novacella, si spostò a Monguelfo. Tale confraternita tutelava gli inscritti attraverso il pagamento di quella che noi oggi chiameremo tassa. Attraverso questa essi si assicuravano il lavoro presso il convento. Dai documenti visionati sappiamo che nelle sue liste comparivano Leonardo da Bressanone e il Maestro di Uttenheim. Pacher non fu mai inserito in questa lista, i motivi di tale scelta dipendono dall'appoggio goduto di Leonard Nafter.